Non mi sono mai considerato un circuitista né posso vantarmi di essere un esperto del pensiero di Augusto Graziani. Tuttavia, scrivendo queste righe, mi sono reso conto di come l’influenza diretta ed indiretta del suo lavoro sulla mia ricerca sia più profonda di quanto pensassi.
Ho avuto la fortuna di poter “scoprire” Graziani nelle prime fasi della mia formazione da economista. La prima volta che sono venuto a contatto con la sua teoria del circuito monetario avevo appena terminato la laurea triennale. Il professore che mi ha introdotto all’economia (e me ne ha fatto innamorare), Marco Missaglia, mi raccomandò la lettura del libro di Graziani “Teoria del circuito monetario” (1996). Il suggerimento aveva l’obiettivo di aiutarmi a comprendere il concetto di teoria monetaria della produzione. Un concetto in cui mi ero imbattuto mentre mi avvicinavo alla teoria della moneta endogena, che, nella comprensione molto limitata del dibattito economico che avevo all’epoca, mi sembrava sorprendente e rivoluzionaria (pensavo fosse il modo per confutare la “Legge di Say”). Tuttavia, faticavo ad inquadrare con chiarezza cosa si intendesse esattamente con teoria monetaria di produzione. Inizialmente trovai il lavoro di Graziani cristallino e persino semplice. Questa sensazione di semplicità scomparve presto, durante il mio dottorato, quando nel 2010 grazie ad una lezione di Marco Veronese Passarella inziai ad apprezzare alcune delle raffinatezze teoriche sottostanti al circuito di Graziani, come la visione della moneta come forma di capitale o il ruolo dei tassi di interesse e del profitto. Anche recentemente, grazie a una lezione di Riccardo Bellofiore ospitata dall’Italian Post Keynesian Network, ho potuto apprezzare come ciò che potrebbe apparire come una semplice rappresentazione del funzionamento di un’economia monetaria sia in realtà il risultato di un ragionamento sofisticato su diverse questioni cruciali nel dibattito teorico: i ruoli delle relazioni di potere e del finanziamento, la natura della moneta, ma anche la teoria della crisi e, quindi, l’essenza monetaria di un sistema capitalistico. La chiarezza della versione del circuito monetario di Graziani infatti non mi sembra derivare dalla semplicità, bensì dalla capacità di identificare e di comunicare il nucleo della questione in gioco, una capacità determinata da una profonda consapevolezza teorica.
In un certo senso, la ricerca di chiarezza è ciò che ha portato Alberto Botta, Daniele Tori e me ad analizzare la cartolarizzazione attraverso la lente del circuito monetario (Botta et. al 2015). L’obiettivo principale del nostro lavoro non era quello di “aggiornare” il circuito monetario tenendo conto dell’evoluzione del sistema finanziario, ma di utilizzarlo per far luce sul ruolo della cartolarizzazione nel sistema monetario e finanziario, seguendo il flusso e riflusso della moneta. Per comprendere a livello aggregato il ruolo e gli impatti della cartolarizzazione, abbiamo applicato al sistema finanziario l’idea che “[u]na completa analisi teorica deve spiegare l’intero itinerario seguito dal denaro, a partire dal momento in cui il credito è concesso, passando per la circolazione della moneta nel mercato, e giungendo al rimborso finale del prestito bancario iniziale” (Graziani, The Monetary Theory of Production, 2003, p.26, mia traduzione).
Questo, insieme all’idea che “il punto di partenza per la costruzione di un modello macroeconomico può essere solo l’identificazione dei gruppi sociali presenti nella comunità” (ibidem, p. 19, mia traduzione), ci ha permesso di scomporre le interconnessioni di bilancio tra il lato reale e quello finanziario dell’economia e, soprattutto, all’interno di quest’ultimo. Inoltre, abbiamo evidenziato come l’evoluzione del sistema finanziario abbia determinato l’apertura di due nuovi circuiti. Il primo si apre quando le banche concedono prestiti al settore delle famiglie e si chiude quando gli intermediari finanziari, che raccolgono i risparmi delle famiglie emettendo titoli, acquistano prestiti per trasformarli in obbligazioni. Il secondo circuito si apre con il finanziamento diretto degli intermediari finanziari da parte delle banche commerciali.
Alcune delle conclusioni del nostro lavoro non sono completamente fedeli alla versione originale sviluppata da Graziani. Passarella (2022) sottolinea che la nostra interpretazione del credito alle famiglie come finanziamento iniziale sia in contrasto con l’analisi originale di Graziani. Come sottolineato da Bellofiore (2019), il credito alle famiglie era esplicitamente considerato come una forma di credito indiretto alle imprese (Graziani, 2003, p.21). Tuttavia, la nostra idea, forse “non convenzionale”, era che solo invertendo la prospettiva e mettendo quindi il sistema finanziario al centro della scena, fosse possibile sviluppare una comprensione del suo funzionamento. Per fare ciò, seguendo l’esempio di Graziani, era necessario utilizzare come punto di partenza, l’afflusso di denaro nel sistema finanziario.
In Graziani, il risparmio delle famiglie o diventa finanziamento finale per le imprese, se usato per acquistare i titoli o le azioni, che esse emettono, o determina un aumento dell’indebitamento del settore industriale. Il risparmio, se prende la forma di depositi bancari, non consente infatti una chiusura del circuito. Nel nostro lavoro, abbiamo cercato di dimostrare come le obbligazioni emesse dal sistema finanziario, che trasformano i mutui delle famiglie in titoli garantiti da ipoteca su immboli (Mortgage Backed Securities), abbiano specificità proprie, in termini di creazione e distruzione di moneta, ed esercitano impatti peculiari sul sistema economico, in particolare per quanto riguarda la disuguaglianza di reddito e l’instabilità.
I risultati di quel lavoro hanno aperto la strada a studi successivi (ad esempio, Botta et. al 2021, 2022 e 2024) in cui, con Alberto Botta e Alberto Russo, abbiamo modellizzato gli impatti della cartolarizzazione sulla disuguaglianza e sulla (in)stabilità finanziaria utilizzando modelli Agent-Based Stock-Flow Consistent (AB-SFC). Facendo riferimento a un precedente intervento di Marc Lavoie su questo blog, il passaggio dal circuito monetario alla modellizzazione SFC sembrava piuttosto “naturale”. In effetti, in entrambi gli approcci una delle domande chiave è “da dove viene la moneta e dove va a finire?”. Questo è centrale per Graziani, come esemplificato dalla prima delle due citazioni sopra, ed è esattamente la domanda che ha portato Morris A. Copeland a sviluppare il database dei “flussi di fondi” (flow of funds), che è stato fondamentale per la nascita dei modelli SFC. Il circuito monetario e l’approccio SFC sviluppato da Wynne Godley hanno indubbiamente molte differenze, ma condividono lo stesso focus, ponendo la natura monetaria dell’economia al centro della scena, uno da una prospettiva teorica e l’altro da una prospettiva modellistica. Se si utilizza la lente teorica del circuito monetario, in un certo senso si è portati ad applicare un approccio SFC quando si tratta di costruire modelli.
Di recente, ancora una volta con Alberto Botta e Daniele Tori, abbiamo ripreso la nostra indagine sul sistema finanziario osservato attraverso la lente del circuito monetario (Botta, 2024). Iniziamo mappando i passaggi sequenziali di creazione, flusso e distruzione di denaro all’interno del sistema finanziario, concentrandoci principalmente sulla cartolarizzazione, i repo e le pratiche “originate to distribute”. Utilizziamo poi elementi dell’approccio teorico di Graziani per analizzare le implicazioni delle relazioni monetarie che risultano. Quello che sembra emergere è l’esistenza di una “coerenza radicale” tra queste pratiche finanziarie e il capitalismo, poiché alimentano canali di realizzazione del profitto, principalmente credito alle famiglie e investimenti residenziali. Infatti, l’aumento dei mutui nel periodo antecedente la crisi del 2007-2008 rappresenta in parte credito al consumo sotto forma di “estrazione di valore dalla casa”.
Un’ulteriore conclusione del lavoro si basa su una rappresentazione contabile del sistema di cartolarizzazione (si veda l’esempio nelle matrici a seguito di questo articolo). Ciò che emerge è che se da un lato la cartolarizzazione comporta una distruzione immediata di denaro, dall’altro può dar luogo a un complesso intreccio di relazioni debitorie. Una parte, pari all’attivo cartolarizzato, del denaro creato emettendo un mutuo, viene immediatamente distrutta. Il denaro utilizzato dalle Società veicolo (Special Purpose Vehicles: SPV) per acquistare mutui e successivamente dai fondi di investimento (investment funds: IF) per acquistare MBS deve comunque provenire da qualche parte. A seconda del tipo di passività emessa per raccogliere quel denaro, si svilupperanno diverse relazioni contabili.
Il sistema finanziario può emettere/produrre una quantità crescente di attività finanziarie partendo dalla creazione di una determinata quantità di denaro. Ciò determina una più acuta instabilità finanziaria sistemica, poiché durante i periodi di turbolenza finanziaria tutte le istituzioni con una passività pendente necessitano di denaro per saldare le loro posizioni. Come nel gioco delle sedie musicali per bambini, mentre la musica suona, il numero di bambini (attività finanziarie) che danzano intorno a una sola sedia (depositi bancari) può aumentare senza danni. Quando la musica si ferma, qualcuno non ha dove sedersi (liquidità per ripagare una passività).
In relazione a ciò, una considerazione finale può essere tratta dalla distinzione di Graziani tra economia del credito ed economia monetaria. In quest’ultima, il denaro è una forma di debito derivante da una relazione triangolare, ha ‘natura di credito’, ma non è un credito diretto tra due agenti e può così garantire un pagamento immediato e definitivo. Riteniamo che, grazie ai repo e alla possibilità di riutilizzare il collaterale, le istituzioni finanziarie non bancarie siano effettivamente in grado di aumentare significativamente la velocità di circolazione del denaro all’interno del settore e di espandere i loro bilanci. Infatti, circa il 50% degli attivi delle istituzioni finanziarie non bancarie consiste in crediti verso altre banche d’investimento o in repo (solitamente a favore di altre banche d’investimento). In questo senso, in tempi normali, la liquidità potrebbe non sembrare un problema. Tuttavia, gli attivi emessi da queste istituzioni non hanno le caratteristiche indicate da Graziani e non sono pertando in grado di garantire un pagamento immediato e definitivo; per questo sono necessari I depositi bancari.
Come suggerito anche da Jo Michell nel suo articolo per questo blog, il rapporto con le banche commerciali è infatti ancora centrale, anche per le imprese finanziarie.
Mi permetto di concludere con una considerazione personale. Pur avendo sempre considerato la teoria del circuito monetario di Graziani un’importante fonte di ispirazione, probabilmente fatico a cogliere appieno l’impatto che essa ha avuto sulla mia ricerca. La maggior parte dell’influenza che Graziani ha avuto sul mio lavoro è probabilmente stata indiretta. Infatti, la mia formazione nell’economia post-keynesiana è radicata nelle opere di Marc Lavoie e Riccardo Bellofiore è stato il supervisore della mia tesi di dottorato. Tuttavia, due anni fa, quando ho iniziato a tenere lezioni di “Economia Monetaria e Creditizia” all’Università degli Studi dell’Insubria, ho subito deciso che avrei dedicato alcune lezioni alla teoria del circuito monetario di Graziani. Spero che il suo lavoro possa essere fonte di ispirazione anche per le future generazioni di studenti lì.