Il circuito monetario: una nuova rappresentazione del processo economico

Premessa

L’obiettivo di questo breve intervento è di sottolineare che lo schema di ‘circuito monetario’, concepito da Augusto Graziani quarant’anni fa, ha sollevato problemi importanti e ancora oggi insoluti per l’analisi economica e ha aperto nuove prospettive per l’interpretazione di filoni teorici del passato. In quanto segue, cercherò dapprima di giustificare tali affermazioni (cfr. par. 1). Mi soffermerò poi, su alcuni limiti di quello schema che il gruppo di allora giovani economisti, guidati dallo stesso Graziani, non ha saputo superare (cfr. par. 2). A mo’ di conclusione (cfr. par. 3), mostrerò che ciò ha impedito di sfruttare le potenzialità di un’impostazione innovativa, che avrebbe potuto aprire strade alternative rispetto a quella ‘sintesi’ fra la nuova macroeconomia ortodossa dei ‘cicli reali’ e la nuova economia keynesiana delle rigidità endogene, affermatasi all’inizio degli anni duemila.

  1. Le innovazioni del circuito monetario

Fra la seconda metà degli anni settanta e i primi anni ottanta del secolo scorso, Augusto Graziani (1977a, 1982a e 1984) ha elaborato uno schema innovativo del funzionamento di un sistema economico che avrebbe, poi, assunto la denominazione di ‘circuito monetario’ utilizzata da un parallelo filone di ricerca di economisti francesi. Sebbene avesse fornito un rilevante contributo alla soluzione coerente del modello di Walras (Graziani 1965), Graziani (cfr. 1977b) aveva maturato una crescente insoddisfazione verso gli schemi neo-walrasiani di equilibrio generale (cfr. Arrow e Hahn 1971) perché condannati a ricondurre i processi economici agli scambi fra agenti individuali in un punto del tempo, confinando ai margini lo svolgimento temporale della produzione e la connessa trattazione della moneta. D’altro canto, prendendo le distanze dai risultati raggiunti dalla critica allora prevalente del programma di ricerca neo-walrasiano, Graziani (1981) riteneva che il superamento del modello di equilibrio generale non potesse accontentarsi dell’analisi macroeconomica offerta dal Keynes della Teoria generale; anche in quella diversa impostazione analitica infatti, gli equilibri finivano per essere determinati in un punto del tempo e, di conseguenza, la rilevanza degli aspetti monetari doveva essere confinata agli stock invece che alla combinazione di stock e flussi.

Questa impostazione critica solleva almeno due problemi di grande portata. Il primo problema consiste nella specificazione degli aspetti analitici e delle relative categorie di fondo che devono essere elaborate per pervenire a una rappresentazione del processo economico diversa da quelle del paradigma neo-walrasiano e della macroeconomia keynesiana. Il secondo problema riguarda, invece, l’individuazione del filone di storia dell’analisi economica che dovrebbe legittimare le nuove domande e sostenere l’apparato analitico di quella diversa rappresentazione; come tutti gli economisti dotati di una solida cultura e di un’adeguata conoscenza teorica, Graziani era infatti convinto che i passi avanti analitici fossero possibili solo issandosi sulle spalle dei grandi autori del passato.

Tali problemi hanno ricevuto risposta nel percorso di ricerca che Graziani ha intrapreso dall’inizio degli anni ottanta. 

In Graziani (1982a) già vengono definiti quei capisaldi di analisi che accompagneranno, poi, la puntuale articolazione della rappresentazione del processo economico propria al ‘circuito monetario’ (cfr. al riguardo: Graziani 1984, 1988, 1992 e 2003). Si tratta di riconoscere che la produzione prende tempo, che il suo avvio richiede la preventiva acquisizione di unità di lavoro e di altri fattori produttivi e che il suo completamento sfocia nella vendita sui mercati dei beni prodotti. Pertanto, il processo economico deve assumere la forma di un periodo suddiviso in fasi che si svolgono nel tempo; e la successione temporale nell’apertura e nella chiusura dei mercati, che caratterizzano la fase precedente e quella posteriore alla produzione, diventa cruciale. Questa successione definisce, infatti, le nuove questioni analitiche che sono poste dal circuito monetario e che si differenziano dall’impostazione tradizionale: le modalità, con cui i mezzi di pagamento (credito bancario e moneta) sono immessi nel sistema economico; il loro impatto sui livelli di occupazione e di produzione; i passaggi, attraverso i quali la circolazione monetaria e l’articolazione della produzione determinano i prezzi di mercato e la distribuzione del reddito.

Come Graziani (1982b) illustra in modo sistematico, tali domande e le relative categorie analitiche consentono di collegare grandi autori che hanno segnato la storia dell’analisi economica fra la fine del secolo XIX e l’inizio della seconda guerra mondiale ma che, fino a quel momento, non erano stati inseriti in un filone unitario: si va dal Marx del secondo libro de Il Capitale a uno dei più brillanti esponenti della Scuola di Stoccolma (Lundberg) passando per Wicksell, Schumpeter, Robertson, il Keynes del Trattato della moneta,  lo Hayek di Prezzi e produzione

  1. Le domande poste dal circuito monetario

Il perimetro di problemi, sollecitato da questa impostazione, pone temi analitici che sono stati trascurati o irrisolti dalla teoria neo-walrasiana e keynesiana e che sono molto complessi: i comportamenti delle banche all’apertura dei processi economici, le scelte di produzione delle imprese intese anche come scelte di accumulazione nel periodo, i conflitti distributivi fra imprese e lavoratori. Pertanto, nella fase iniziale, la complessità dei problemi ha richiesto di introdurre semplificazioni. Tali semplificazioni hanno fatto sì che il circuito monetario di Graziani assumesse la forma di uno schema aggregato a due settori, in cui le decisioni produttive e la loro attuazione sono fissate in modo esogeno e il finanziamento bancario di quelle decisioni è garantito per tassi di interesse anch’essi esogenamente dati. Inoltre, lo schema iniziale del circuito assume che la conclusione (‘chiusura’) del periodo venga assicurata da una propensione unitaria al consumo (o da semplificazioni equivalenti) e dalla distruzione dei mezzi di pagamento immessi alla sua apertura (estinzione dei contratti di debito fra banche e imprese). Queste drastiche semplificazioni portano a una rappresentazione schematica del processo economico e a un quadro di riferimento, entro il quale collocare i vari contributi teorici degli autori del passato appartenenti al nuovo filone individuato da Graziani (1982b).

Il gruppo di lavoro, che Augusto Graziani istituì con continuità dalla fine degli anni settanta fino alla prima metà degli anni novanta per far evolvere lo schema del circuito monetario, ha rappresentato una formidabile palestra di apprendimento e di crescita personale per i suoi partecipanti (fra i quali, il sottoscritto). I suoi due obiettivi più o meno espliciti erano, peraltro, ambiziosi. Da un lato, si trattava di approfondire le parti dell’impianto teorico di ognuno degli autori del passato, che erano inscrivibili nello schema del circuito monetario e che consentivano una graduale rimozione delle più drastiche semplificazioni analitiche di quello schema; e, dall’altro, di incorporare nella rappresentazione del circuito monetario le acquisizioni di frontiera della teoria economica che erano compatibili con una rappresentazione del processo economico come periodo che prende tempo. La scommessa era che i due obiettivi si rafforzassero reciprocamente e fossero in grado di trasformare lo schema iniziale del circuito monetario in una teoria più articolata.

Il lancio della ‘Collana di Economia Monetaria’, diretta da Graziani e pubblicata da Edizione Scientifiche Italiane, ha consentito di svolgere una proficua riflessione su una parte del filone individuato di storia dell’analisi economica. E’ mancata invece la contaminazione con le acquisizioni analitiche ottenute, negli anni ottanta, da alcuni contributi della teoria dei contratti (cfr. Hart-Holmstrom 1987) o dalla nuova economia keynesiana fondata sulle asimmetrie di informazione (cfr. per esempio: Stiglitz 1987; Greenwald e Stiglitz 1987 e 1993; Stiglitz e Weiss 1981). La conseguenza è stata che lo schema iniziale del circuito monetario di Graziani ha sviluppato affinamenti rispetto a problemi di analisi, che erano diretta conseguenza delle drastiche semplificazioni introdotte e che si riscontravano anche in parallele riflessioni da parte degli economisti francesi già ricordati (tipico esempio, i problemi per la realizzazione monetaria dei profitti delle imprese o degli interessi delle banche). Tale schema non ha, viceversa, utilizzato l’opportunità di contaminarsi con i progressi nel frattempo compiuti dall’analisi economica compatibile con la rappresentazione periodale del processo economico. Con un’affermazione un po’ drastica, se ne può concludere che la formidabile intuizione del circuito monetario di Graziani si è, così, condannata a permanere nello stato di schema senza assurgere a quello di teoria.

  1. Conclusioni: perché si è trattato di un’occasione mancata

Questo esito ha rappresentato un’occasione mancata. Se le fragilità dello schema del circuito monetario derivano dalle eccessive semplificazioni di analisi, i limiti delle impostazioni che – in quegli stessi anni – miravano a fornire una base analitica alle interazioni conflittuali fra aggregati sociali (alcuni filoni della teoria dei contratti) o a rendere endogene l’immissione di mezzi di pagamento nel sistema economico e le determinanti degli equilibri con disoccupazione (alcuni filoni della nuova economia keynesiana) hanno un segno opposto. Le impostazioni citate non arrivano, infatti, a elaborare una rappresentazione unitaria dei processi economici ma pervengono alla determinazione di equilibri in singoli mercati (definiscono, cioè, equilibri parziali). 

Per usare un linguaggio interno alla disciplina economica: i progressi analitici dello schema di circuito monetario sono stati bloccati dal fatto che si tratta di uno schema macroeconomico privo di una base microeconomica in grado di esaminare i comportamenti dei diversi gruppi di agenti; una delle principali difficoltà, che ha impedito invece alla teoria  dei contratti e alla nuova economia keynesiana fondata sulle asimmetrie di informazione di elaborare una rappresentazione del funzionamento dell’economia nel suo complesso, è consistita nel fatto che la rigorosa analisi dei comportamenti degli agenti economici non si è inscritta in un quadro macroeconomico coerente. Il circuito monetario avrebbe potuto fornire un tale quadro mediante una rappresentazione macroeconomica periodale dei processi economici; era però necessario che incorporasse nella sua sequenza temporale (magari in chiave critica) le più promettenti acquisizioni analitiche prodotte dalla teoria economica di quegli anni. Così non è stato.

Il risultato è che, sebbene l’impianto del lavoro di Augusto Graziani mirasse a obiettivi analoghi a quelli perseguiti da Hicks nella sua rilettura degli economisti austriaci, di Wicksell e della Scuola di Stoccolma (cfr. per esempio: Hicks 1956 e 1982), lo schema di circuito monetario non ha assunto centralità nel dibattito di teoria economica degli anni ottanta e novanta. Si è trattato di una significativa occasione mancata.

A mio avviso, vi è un elemento che prova la rilevanza da attribuire all’occasione mancata dal ‘circuito monetario’: l’esito del successivo dibattito economico. A cavallo dei due millenni, la nuova economia keynesiana, fondata sulle asimmetrie di informazione e su relazioni microeconomiche contrattuali, ha confermato la sua incapacità di pervenire a una rappresentazione del funzionamento dell’economia nel suo complesso. Ciò ha aperto spazi per la riaffermazione di modelli di equilibrio economico generale, capaci di incorporare sia i più rilevanti risultati di analisi degli anni settanta di Lucas e Sargent sia le imperfezioni keynesiane di breve periodo degli anni ottanta. Come nei decenni trenta e quaranta del secolo scorso i limiti dell’analisi della Teoria generale avevano consentito di riassorbire l’approccio keynesiano nella teoria ortodossa (cfr. la ‘sintesi neoclassica’), così – all’inizio degli anni duemila – le analisi della nuova economia keynesiana sono state ricondotte entro l’alveo dei modelli di ‘ciclo reale’ e dei modelli cosiddetti DSGE (cfr. Clarida et al. 2020; Blanchard e Galì 2007). Ciò ha portato a una nuova ‘sintesi’ della teoria economica, incentrata su modelli DSGE con rigidità endogene.

L’approdo raggiunto non rappresenta certo il risultato, a cui ha mirato il lavoro teorico di Augusto Graziani. Forse, gli obiettivi perseguiti dallo schema del circuito monetario sono stati troppo ambiziosi e hanno ricalcato – in modo più o meno consapevole – percorsi che avevano già avuto esiti scoraggianti nel passato (si pensi all’emarginazione dell’analisi multi-periodale di Lundberg e di Hicks). Va poi riconosciuto che gli economisti (fra cui il sottoscritto), raggruppati e guidati da Graziani per un decennio, non sono stati capaci di portare avanti il percorso da lui aperto. Resta il fatto che, almeno nel mondo della teoria, vale l’affermazione del Melville poeta: “è meglio fallire nell’originalità che avere successo nell’imitazione”.

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